Il Bitcoin entra nel salotto buono: perché banche centrali e grandi gestori ora ci pensano

dal sito www.corriere.it
25 gennaio 2021
articolo di Pieremilio Gadda


Nel misterioso mondo delle criptovalute, il 2020 sarà ricordato: non tanto per la performance del 265% realizzata in 12 mesi, al netto di uno scivolone del 50% subìto in una sola notte, il 12 marzo scorso, giovedì nero delle Borse globali. Quanto per aver trasformato il Bitcoin da oggetto del desiderio speculativo, un po’ oscuro e inaccessibile ai più, in investimento prêt-à-porter, o quasi. Sono molto aumentate, infatti, la disponibilità e la diffusione degli strumenti quotati in Borsa che consentono di avere facile accesso alla più «pregiata» delle valute digitali. E ci sono anche portafogli digitali per acquistare, vendere o custodire Bitcoin in modo sicuro e semplice (vedi questo altro articolo). Ma questo non significa che sia un acquisto adatto a tutti. E neppure che vedremo ancora i guadagni stellari degli ultimi cinque anni, durante i quali il suo valore è letteralmente centuplicato.

Gli avvertimenti dei banchieri centrali

«Chi investe in cripto-asset deve essere preparato a perdere tutto», ha ammonito la Consob inglese l’11 gennaio, dopo una caduta che ha fatto perdere al Bitcoin un quarto del suo valore in due giorni, in larga parte recuperato nei successivi tre. Nei giorni scorsi un altro scivolone. E, dopo Christine Lagarde, anche Janet Yellen nel suo primo discorso da ministro del Tesoro Usa, ha messo in guardia dai rischi del caso.

Ma cos’è il bitcoin? L’identikit

Ma che cos’è il Bitcoin? Una valuta digitale che si basa sulla tecnologia blockchain, la catena dei blocchi: un registro contabile – distribuito su più nodi (computer), connessi tra loro – in cui vengono memorizzate in modo sicuro e immodificabile le transazioni digitali. A differenza delle divise tradizionali, la creazione di nuova moneta non è disciplinata da una banca centrale, ma da un algoritmo. «Il valore del Bitcoin dipende da domanda e offerta», premette Christian Miccoli, co-fondatore di Conio, una startup che dal 2015 propone un portafoglio digitale per investire in Bitcoin. Da una parte, l’offerta è rigida: l’algoritmo, infatti è stato congegnato in modo da poter immettere sul mercato una quantità massima di 21 milioni di Bitcoin, obiettivo che sarà raggiunto, si stima, nel 2.140. Oltre 18 milioni sono già in circolazione.

Oro o bitcoin?

«Dall’altra, la domanda continua a crescere, perché molti la acquistano come riserva di valore, un bene rifugio, alternativo all’oro – osserva Miccoli -. Non a caso molti compratori non fanno trading, si comportano da cassettisti». Il paragone con il metallo giallo è controverso. Anche qui l’offerta è limitata. La domanda, però, è sostenuta pure da gioielleria e uso industriale. Ma va detto che oltre la metà degli acquisti di oro nei primi 9 mesi del 2020 è avvenuta a fini di puro investimento. Insomma, qualche analogia c’è. «Il fair value, il valore corretto del Bitcoin, oggi, si attesta attorno a 55 mila dollari», argomenta Eugenio Sartorelli, risk manager di Rocket Capital Investment e nel direttivo Siat, quasi il doppio della quotazione attuale. «Il dato si può calcolare partendo dal costo di estrazione, che oscilla tra 10mila e 14mila dollari, analizzando poi il parametro stock to flow , che indica quanti Bitcoin si potrebbero produrre, rispetto a quelli già in circolazione, in base all’andamento della valuta». Secondo l’analista, «il prezzo obiettivo per il 2021 è attorno ai 55 mila/60mila dollari. Allungando l’orizzonte, a metà 2022, potrebbe superare i 100mila dollari».

Il report di Jp Morgan: Bitcoin a 146 mila dollari

C’è chi si spinge oltre. In una nota di inizio gennaio, J.P. Morgan – un tempo tra i più severi detrattori – scrive che il suo valore di lungo termine potrebbe arrivare a 146 mila. L’unica certezza, è che continuerà a essere soggetta a fluttuazioni molto violente, come quelle viste di recente. «Rimane un attivo molto speculativo», puntualizza Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia. Vale la pena ricordare che nel 2018 perse circa l’80% del suo valore in 12 mesi. Ci sono voluti tre anni perché rivedesse il precedente picco del 2017. «Ma rispetto ad allora la domanda è più robusta e più matura, perché sostenuta da investitori istituzionali», osserva Miccoli.
Una ricerca di Fidelity Investments tra 774 investitori – fondi pensione, family office, hedge fund e fondazioni – ha rivelato che oltre un quarto già un anno fa deteneva Bitcoin. «Una delle principali minacce è quella regolamentare: se le banche centrali volessero porre dei paletti su alcune criptovalute, come le stablecoin, che sono agganciate alle valute tradizionali, potrebbe avere un impatto negativo», avverte Sartorelli. Intanto, l’interesse continua a crescere. E la notizia che un gigante come Paypal accetterà presto il bitcoin come mezzo di pagamento sulla sua piattaforma, l’ha reso ancora più forte.

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