L’Abi ha formalmente assunto un atteggiamento irresponsabile che avrà conseguenze estremamente gravi per la nostra Categoria.
Lunedì 16 settembre, con circa 10 mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale, i banchieri hanno disdettato il Contratto Nazionale di Lavoro di Settore; un CCNL che sarebbe scaduto il 30 giugno 2014 e che da norme vigenti avrebbe potuto essere disdetto a Dicembre 2013, sei mesi dalla scadenza naturale.
Una decisione improvvida assunta nel momento peggiore della crisi del Paese.
Le banche stanno sicuramente attraversando alcune difficoltà, ma Abi addebita ogni responsabilità a fattori esterni al settore ( la crisi economica e la fiscalità ) o interni allo stesso (i vincoli economici e normativi del CCNL) e prova ad approfittare del momento di insicurezza che investe la società, le imprese e le famiglie per imporre le proprie soluzioni: scaricare i costi sulla fiscalità generale (cioè sui contribuenti italiani) e sui lavoratori (cioè su salari e occupazione).
Nulla dice sull’incapacità del top management del settore a trovare una nuova prospettiva strategica attraverso progetti industriali in grado di far crescere i ricavi; nulla dice sulle gravi responsabilità degli alti vertici aziendali sulla crescita esponenziale delle sofferenze.
In una fase in cui occorrono coesione sociale e senso di responsabilità il settore bancario non accetta di fare la propria parte per lo sviluppo e per la crescita: si disimpegna da ogni suo ruolo e funzione produttiva e approfitta per lucrare a spese dei più deboli .
Con la disdetta Abi distrugge un patrimonio di relazioni sindacali
È evidente ed esplicita l’intenzione delle banche di arrivare a una completa deregolamentazione del settore, attraverso la cancellazione dell’attuale modello contrattuale, del Contratto Nazionale e del Fondo di Solidarietà, con il declassamento della stessa contrattazione di secondo livello a mera “contrattazione di prossimità”, di carattere derogatorio e funzionale alla necessità di flessibilità delle imprese.
Abi approfitta dei cambiamenti introdotti dalla Legge Fornero per mettere in discussione lo strumento più importante utilizzato per gestire le ristrutturazioni: il Fondo di Solidarietà, poiché ne ritiene eccessivi i costi.
La gestione degli “esuberi” avrebbe così altre soluzioni ben più drastiche: uso dell’Aspi (sussidio di disoccupazione) con licenziamenti, della”solidarietà” difensiva obbligatoria (riduzione di stipendio per salvare i posti di lavoro) e delle previsioni di legge (la 223 sui licenziamenti collettivi).
Invece il tema della “Solidarietà espansiva” (lavoratori vicini alla pensione in parttime, affiancati da nuovi assunti in part-time) e della legge sui part-time incentivati per l’accompagnamento alla pensione, viene liquidato con un giudizio di non applicabilità nella situazione data.
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Abi sferra un attacco pesantissimo ai lavoratori del settore: troppi e inadeguati
I lavoratori del settore vengono etichettati come troppo vecchi, scarsamente motivati, culturalmente distanti dalle nuove esigenze delle banche, marcatamente resistenti o comunque poco disponibili al cambiamento, alla riconversione e riqualificazione professionale e, parimenti, il lavoro, con il 97% di contratti indeterminati, appare troppo stabile e poco flessibile Abi intende scaricare la cattiva organizzazione del settore, frutto di scelte manageriali, interamente sui lavoratori Il ricettario dell’ABI è drastico e chiaro.
La crisi deve essere pagata a carissimo prezzo dalle Lavoratrici e dei Lavoratori del Settore attraverso un maggiore utilizzo degli impianti produttivi: in parole semplici si tratta di intervenire sulla flessibilità e sugli orari; di eliminare i percorsi di carriera “prefissati” (percorsi professionali) e gli automatismi in genere (ad esempio scatti di anzianità); di ridurre gli inquadramenti con creazione di un “gestore unico” nel settore commerciale, di abbassare il salario, rendendo le parti variabili (VAP) esclusivamente legate alle performance aziendali.
Emblematico è il caso della questione degli sportelli: ABI ritiene di dover rivedere “numero, localizzazione e organizzazione”, una strategia che è stata perseguita a seguito di precise scelte manageriali in vena di grandezza: mentre in Europa si riduceva la presenza di sportelli, in Italia si faceva l’opposto! ; e come non ricordare che alcune fusioni (Monte dei Paschi Antonveneta ad esempio, costate uno sproposito, erano fatte anche per acquisire le reti sul territorio dell’Istituto
acquistato).
Lo stato del settore: fra crisi aziendali e manager inadeguati.
Ciò che è invece assolutamente inadeguata è l’attuale classe dirigente delle banche.
Lo stato dei bilanci bancari, zavorrati dalle sofferenze e dagli accantonamenti. la Banca d’Italia ha posto in evidenza anche gravi deficienze nella valutazione dei rischi: è una considerazione grave perché punta il dito su un’inadeguatezza organizzativa e formativa, figlia dell’orientamento “commerciale” delle Banche, con l’abbandono di professionalità legate alla valutazione dei rischi, alla conoscenza del territorio, alla trasparenza e sicurezza dei prodotti offerti alla clientela, alla
capacità e professionalità nella lettura e analisi dei bilanci e ad una ormai scarsa propensione delle nostre banche a investire nelle idee, nel rinnovamento, nella ricerca di nuove strade imprenditoriali che sappiano essere concorrenziali con i mercati esteri.
Una classe dirigente che si è preoccupata più di generare profitti che di avere attenzione alle ricadute economiche e sociali dei processi d’impresa; o di mettere in atto comportamenti socialmente responsabili.
Una classe dirigente che –mentre chiede l’intervento del Governo a sostegno dei bilanci delle banche, non si preoccupa di dedicare attenzione all’economia reale, alle imprese, alle famiglie, ai temi dello sviluppo della crescita e dell’occupazione.
Una classe dirigente che chiede sacrifici ai lavoratori, producendo un divario inaccettabile tra le retribuzioni, e che aumenta i propri bonus e stipendi e liquidazioni proprio mentre i danni per le aziende bancarie sono sotto gli occhi di tutti.
Come rispondiamo a questo attacco?
La riduzione dei costi deve innanzitutto essere applicata a dirigenti, consulenze ed appalti.
I motivi della forte esposizione delle banche su sofferenze e accantonamenti, derivano principalmente da cause esterne e da errate scelte manageriali; certamente non sono imputabili a chi lavora.
I diritti, i livelli occupazionali rappresentano la tutela per chi lavora e la garanzia per i risparmiatori.
La difesa dell’occupazione e della qualità professionale significa mantenere un modello di banca efficiente e vicino ai settori economici più colpiti dalla crisi.
La lotta per la difesa dei bancari e del loro futuro sarà lunga e aspra. Inevitabile come risposta all’attacco dei banchieri. Cosciente di rappresentare la richiesta di una buona banca per i lavoratori, i cittadini e le imprese.
Il 31 Ottobre scioperiamo per la difesa del nostro futuro
Roma, 10 Ottobre 2013
LE SEGRETERIE NAZIONALI
DIRCREDITO FABI FIBA/CISL FISAC/CGIL SINFUB UGL UILCA