Mobbing: qualificazione

Alcune recenti sentenze – Corte di Cassazione, n. 1258/2015; Corte di Cassazione, n. 1262/2015; Consiglio di Stato, n. 549/2015 – hanno affrontato il problema dell’identificazione degli elementi costitutivo del mobbing.
Dalle sentenze, emerge come il mobbing debba intendersi come una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti o incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto di lavoro, espressivi di un disegno finalizzato alla persecuzione e vessazione del lavoratore. Da tali comportamenti consegue un effetto lesivo della salute psicofisica del lavoratore e consegue altresì la dequalificazione, svalutazione ed emarginazione del lavoratore stesso dal contesto organizzativo nel quale è inserito.
Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di elementi:
a) la molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio;
b) l’evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore;
d) la prova dell’elemento soggettivo, rappresentato dall’intento persecutorio.
Sent. Cassazione Sez. Lavoro n. 1258 del 26/01/2015.
Sent. Cassazione Sez. Lavoro n. 1262 del 26/01/2015.
Sent. Consiglio di Stato Sez. IV n. 549 del 04/02/2015 .

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