Repubblica TV: videoforum con Susanna Camusso

ROMA – Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, ospite del videoforum di Repubblica Tv, interviene sulla polemica a distanza Renzi-Saviano: “Non è il caso di parlare di piagnistei. Con 90 miliardi bloccati e l’assenza di una guida da parte del governo. Sgradevole che l’intervento di Saviano, ma anche il rapporto Svimez, vengano liquidati come piagnisteo (da parte di Renzi, ndr). Bisognerebbe essere coscienti che o si chiude la forbice tra Nord e Sud o annunciare l’uscita dalla crisi è una finzione. Siamo di fronte a fenomeni gravi, soprattutto l’entità della disoccupazione tra i giovani. Uno che piange non è un gufo, un nemico. Questo atteggiamento dimostra la volontà di non voler affrontare i drammi del Paese. Le risorse dei fondi strutturali richiedono una governance. I governi precedenti avevano un ministro della coesione sociale con quello scopo. Ora non c’è. Credo sia una scelta precisa: molte di quelle risorse sono già andate al Nord, la favoletta è che ci siano chissà quali fiumi di risorse che al Sud vengono spese male. Errori di certo sono stati fatti dalle amministrazioni al Sud, ma da qui a ristabilire la verità… Se non riparte il Sud per l’Italia non c’è speranza. Per un Paese che vive soprattuto di economia interna”.

Siamo ormai ad agosto, inevitabile rivolgere a Susanna Camusso la classica domanda: che autunno sarà? “Più che provare a immaginare che autunno sarà, preferisco fare un augurio: che per l’autunno, invece di vedere animali e animaletti (nello specifico gufi, ndr) Renzi si confronti con il rinnovo dei contratti, cambi le pensioni, che il suo primo pensiero non sia la riduzione della tassazione dei profitti ma le condizioni della gente. E’ un augurio, ma non credo che lo farà”

La leader della Cgil riserva una ulteriore stilettata al premier commentando a caldo la notizia della nomina dei sette componenti del Cda Rai di competenza della Commissione di Vigilanza Rai. “Siamo di fronte alla ennesima spartizione politica del Cda. Tanti annunci ma poi dietro i nomi nuovi la logica è rimasta quella. Come denuncia anche l’Usigrai e a ragione, con tutto il rispetto delle personalità coinvolte. Ma di certo non è di buon gusto (il riferimento è a Renzi, ndr) mettere nel Cda lo spin doctor della propria campagna elettorale (Guelfo Guelfi, ndr). Mi pare davvero l’idea che, invece di essere una grande azienda di servizio pubblico, diventi al puro servizio del governo e della politica”.

Una lettrice, Anita di Taranto, ricorda la morte di una bracciante per un colpo di calore e la figura di Di Vittorio. “Non ci vorrebbe di nuovo uno così – chiede Anita – uno che non si batteva per l’industrializzazione del Sud ma per difendere i braccianti del Sud. Non è prioritario combattere il caporalato?”. “Su questo – risponde Camusso – il nostro sindacato ha fatto una gran battaglia e il reato di caporalato è stato reintrodotto. Non basta, alla legge manca un pezzo: riconoscere anche la responsabilità dell’azienda che usa i caporali. Come se non si volesse vedere che esistono ancora forme di schiavitù nei campi di lavoro. In fondo, è più semplice fare la polemica sugli stranieri e i clandestini. Per essere precisi, Di Vittorio non era contrario all’industrializzazione al Sud. Anzi, il suo pensiero è straordinariamente moderno perché Di Vittorio sapeva l’agricoltura non sarebbe bastata al Sud. Oggi si teorizza di un Meridione economicamente legato solo a turismo e agricoltura. Turismo e agricoltura sì, ma anche industria”.

Si parla a questo punto di Jobs Act e di politiche del lavoro che, dati Istat alla mano, non stanno producendo i risultati auspicati. Come punta nel vivo, Susanna Camusso affronta di petto l’argomento. “Tengo a sottolineare che il sindacato è unito, è stata raggiunta una posizione unitaria con Cisl e Uil, su tre punti fondamentali. Il primo, la flessibilità: non si può pretendere che si lavori tutti fino a una certa età senza guardare al tipo di lavoro svolto, senza distinguere tra lavoro e lavoro usurante. Bisogna quindi ricostruire un sistema di flessibilità. Secondo punto, riconoscere l’anzianità: non è possibile che non si tenga in considerazione che uno abbia lavorato 41 anni e valga solo l’età anagrafica”.

A Camusso si ricorda la proposta dell’ex ministro del Lavoro Damiano, che individua proprio la soglia dei 41 anni di contributi senza vincoli e penalizzazioni. Il sindacato la considera? “E’ un tema presentissimo – conferma la leader sindacale -. Il governo su questo dovrebbe aprire alla discussione. Invece quello che preoccupa è l’atteggiamento del governo, che pensa a ridurre la tassazione delle imprese ma non ha in mente, assolutamente, una modifica della legge Fornero che è una delle cause di disoccupazione giovanile”. Mancava il punto tre su cui la “triplice” è concorde. Riguarda le pensioni: “La si smetta – ammonisce Camusso – di dire che queste nuove regole per il mondo del lavoro siano state fatte per dare una pensione ai giovani”.

Molti lettori scrivono per evidenziare come i tanti scioperi nei servizi abbiano creato gravi disagi al Paese. E si ricordano gli scioperi agli scavi di Pompei, le agitazioni all’Atac e all’Alitalia. L’accusa, neanche tanto velata, è mossa ai sindacati. Camusso non ci sta. “Nessuna di quelle agitazioni è stata adottata dai sindacati confederali”, ribatte subito il segretario della Cgil, ammettendo che quelle modalità “non vanno bene. Noi affrontammo negli anni passati lo sciopero nei servizi pubblici essenziali con l’autoregolamentazione, per la quale è necessario contemperare i bisogni dei cittadini con i diritti dei lavoratori. Ma non bisogna dimenticare che il trasporto pubblico locale aspetta il contratto da sette anni. E quei lavoratori non devo difenderli io, il diritto di sciopero lo difende la Costituzione. Piuttosto, il loro corporativismo è figlio dei problemi generali, come il non avere affrontato il problema del contratto. Ognuno ha le sue responsabilità, ma i lavoratori hanno i loro diritti”.

A proposito di Atac, i lettori chiedono a Camusso notizie di Critian Rosso, l’autista sospeso dall’azienda capitolina a tempo indeterminato per un video in cui spiegava che “l’autobus non arriva perché i conducenti spesso non hanno un mezzo da guidare”. “Come si vede – esordisce la sindacalista – tra i cittadini le opinioni sono diverse. C’è chi attacca gli scioperi e chi pensa ai lavoratori. Per quanto riguarda Rosso, Cgil Cisl e Uil hanno detto al lavoratore che sono disponibili a ricostruire il rapporto di lavoro e segnali positivi sono giunti anche dal nuovo assessore alla mobilità, a differenza dell’azienda. Allo stesso tempo bisogna dire ai lavoratori Atac che c’è da ricostruire un’azienda, anche attraverso la relazione con i cittadini. Rosso voleva fare proprio questo ed è diventato il simbolo di un mondo del lavoro che c’é e non si vuol vedere. Rosso, uno che il suo lavoro lo vuol fare e si infuria perché non può farlo”.

Luciano Dandolo, 28 anni, mette il dito nella disaffezione dei giovani verso il sindacato. “L’indifferenza è cresciuta – ammette Camusso -, per responsabilità nostre e per la fatica con cui i giovani cercano di trovare un lavoro. C’è poi la convinzione diffusa che il sindacato abbia voluto tutelare solo chi il lavoro lo aveva già. Sicuramente c’è da ricostruire l’idea che attraverso il sindacato e la contrattazione si possono dare risposte anche per quelli che verranno”. Ricostruire un’idea di sindacato: Landini non è una risorsa? Non si pensa di coinvolgerlo nel processo di rinnovamento della Cgil? “Landini intanto dirige un sindacato importante. Di risorse ce ne sono molte, qualcuna un po’ troppo individualista. Non siamo noi a non coinvolgere Landini. Noi stiamo facendo una conferenza di organizzazione e il fatto che Landini abbia semplicemente deciso di essere contrario e non partecipare con delle proposte lo ritengo un modo di sottrarsi a un processo di cambiamento che in una grande organizzazione è sempre una grande fatica e non la si risolve con i proclami. Escludo che sia così perché Landini sia proiettato verso l’esterno del sindacato. Il tema non è la modalità dei vertici, di come si elegge il segretario, il tema è come tornare nei luoghi di lavoro. Ma se tutta l’attenzione è concentrata su come si elegge il segretario, forse ci si batte per i vertici e un po’ meno per la partecipazione dei lavoratori, dei delegati, della contrattazione, di quella fatica che è costruire una sintesi”.

Col passaggio al Senato, oggi la riforma della Pubblica amministrazione è legge. E Rolando Rosini, che nella PA ha lavorato, chiede a Camusso: “Non crede che il sindacato sia stato una sorta di padrone affiancato, scegliendo e proteggendo lavativi a scapito di impiegati bravi, così affossando le aziende?”. “Nessuno può mai dire che non ci siano stati dei casi e che spesso non siano stati denunciati” risponde Camusso, che però sposta l’attenzione proprio sulla PA che verrà. “Io credo che sia in corso un fenomeno pericoloso, che la riforma non cambierà. Un ritorno indietro rispetto a un processo di privatizzazione della pubblica amministrazione, rimasto a metà. Perché più tu sottrai alla contrattazione il rapporto di lavoro, più lasci ai dirigenti il potere di scegliere, alla politica il potere di scegliere e determinare le retribuzioni. Il grande limite della riforma e del blocco dei contratti è il non rendere effettivamente terza la PA, con rapporti di lavoro ordinari e con regole che valgano per tutti. E c’è la Sanità a dirci come è andata a finire. Il vero nodo che può generare simili processi è che non ci si senta in un luogo di lavoro ‘normale’, dove si è misurati e valutati per quello che si fa. Perché si è scelto di consolidare le nomine fatte dalla politica”.

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